La prima domenica di aprile ci siamo ritrovati in provincia dell’Aquila e, avendo lasciato alle spalle la cittadina marsicana di Celano, lo sguardo si è diretto alla vetta del Monte Tino. Partendo dal Bivio S. Jona, abbiamo seguito il sentiero facendoci spazio tra la vegetazione della fitta pineta, l’unica, considerando l’andamento sempre più brullo e roccioso del monte. Usciti dall’ombra dei pini infatti, la salita è stata accompagnata costantemente da un clima quasi estivo, con il sole che non ci ha mai lasciati.
Tuttavia, nonostante le condizioni atmosferiche favorevoli, il caldo ha appesantito il dislivello, già di per sé considerevole, tenendo conto del passo costante e degli ultimi cento metri prima della vetta. Questi ultimi tratti di dislivello infatti ci hanno fatto raggiungere la cresta percorrendo passaggi su roccia quasi verticali.
La quota di circa 1930 metri, ci ha regalato dalla vetta la più ampia vista sull’intera Piana del Fucino, caratterizzata non solo da un’intensa attività agricola ma anche dalla presenza di più borghi e centri abitati poco distanti tra di loro, che con i loro tetti a spiovente coloravano di rosso questo paesaggio già ricco di suo. Ristorati da un breve pranzo al sacco consumato sulle rocce del Tino, ci siamo rimessi in cammino.
Una prima ripida discesa sul tratto strapiombante del monte ci ha avviati su un sentiero nuovo rispetto alla salita, che ci ha fatto vivere l’altura da un altro punto di vista, chiudendo una sorta di anello prima di esserci ricollegati al primo sentiero, lo stesso che ci aveva permesso di macinare le prime centinaia di metri di salita è stato anche la nostra via di ritorno.
Una volta tornati al Bivio di partenza, ci siamo preparati per tornare a Roma, ma solo dopo una birra in compagnia per salutare i panorami rurali e selvaggi della Serra di Celano.
Sudore e risate insieme, fatica e divertimento: come in montagna, così nella vita militante di tutti i giorni.
A presto, Appennino!





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