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Il dono della salita

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salita-montagnaLa montagna è un’esperienza imprescindibile nella vita del militante. Essa gli dà l’occasione di mettersi alla prova, di conoscersi per confrontarsi e superarsi. E’ l’ascesa che si fa ascesi. Chi saprà riportare la tensione verso l’alto della salita nella vita borghese e piatta della pianura, avrà interiorizzato la vetta.

(www.vidaencamino.org) – Chiunque abbia fatto un Cammino credo gli sia capitato almeno una volta di trovarsi da solo ai piedi di una salita, svuotato di energie fisiche e mentali, a guardare prima in alto verso una strada che non si aspettava e poi intorno, rendendosi conto di essere solo e distante ancora parecchi km dall’albergue. 

Quando si commette un errore è un po’ come essere in fondo a questa salita. Non serve a nulla stare fermi ad ascoltare il dolore, bisogna fare un respiro profondo, assicurarsi di avere un po’ d’acqua con sé, non guardare troppo in alto e iniziare ad affrontare la prima curva. In quegl’istanti trova spazio il silenzio.

Non c’è nulla da dire, esiste solo la propria concentrazione e il pensare ad un passo dopo l’altro, guardando i propri piedi avanzare e facendo leva sulla forza di mettere ancora un piede avanti, inciampando in qualche sasso sentendo lo zaino ondeggiare sulla schiena ma riprendendo fiato e tirandosi ancora più in alto lungo quella strada. Riparare ad un errore è anche questo, è lasciar andare i vani proclami di pentimento sventagliato in pubblico, è fare e ascoltare il silenzio e mettersi, passo dopo passo, a salire quella montagna facendo affidamento sulla propria forza di volontà, stringendo i denti, guardando la polvere che si attacca addosso, levandosi il sudore che brucia negli occhi e si secca sugli occhiali.

È questa salita, è questo risalire ancora una volta ed uscire dai propri comportamenti sbagliati che ci porta ad arrivare sulla sommità, che ci porta a vedere la luce al di là, che non ci fa più sentire il dolore dei muscoli e che ci rende lo zaino ancora leggero. Un sorriso, una pacca sulla spalla e un sorso d’acqua da un pellegrino che ti aveva visto salire e ti stava aspettando lassù e poi togliersi lo zaino, sedercisi vicino e guardare indietro, provando la sensazione di avercela fatta, di essere saliti ancora una volta e guardare dritto in faccia all’errore che si aveva commesso.

Sbaglieremo ancora, sì, questo è sicuro ma continueremo a camminare, continueremo a salire e ci volteremo indietro solo per dire: ce l’ho fatta!. E se così non è, bè allora voltati, fatti prendere ancora per mano dal silenzio e ricomincia a camminare, la cima può essere dopo quell’ultima curva.


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